Il Centro di Accoglienza “Il Giardino di Sofia” è situato nei pressi della frazione di Cupi, nel comune di Grosseto. All’interno del centro sono ospitati richiedenti asilo in età compresa tra 18 e 43 anni provenienti dall’Africa Subsahariana e dal Bangladesh. I ragazzi vivono insieme ormai da diverso tempo ed hanno creato una situazione di convivenza pacifica e cordiale, nonostante le differenze di etnia, religione, età e provenienza, non solo tra di loro, ma anche con chi nel centro ci lavora e fornisce loro assistenza e supporto. Questo clima positivo ci consente di programmare attività che li coinvolgono e gli consentono di trascorre in modo più proficuo possibile il periodo da richiedenti asilo nel nostro paese.
Motivazioni e bisogni
I richiedenti asilo compiono all’interno del centro di accoglienza un percorso della durata che varia da un minimo di un anno a un massimo di due anni (o anche tre in alcuni casi) ovvero il tempo necessario per ottenere in prima battuta (con la Commissione Territoriale) o in seconda battuta (con il Tribunale) il riconoscimento della protezione internazionale (sia essa asilo politico o protezione sussidiaria) o un permesso di soggiorno per motivi umanitari.
Gli operatori del centro cercano spesso di coinvolgere i ragazzi in attività che gli consentano di uscire dalla routine quotidiana e impegnare il tempo a disposizione, sono sempre molto collaborativi e volenterosi e dimostrano disponibilità soprattutto nello svolgimento di attività manuali.
È ovvio però che il fine ultimo di questi ragazzi è quello di trovare un lavoro o comunque una fonte di sostentamento che gli consenta di costruirsi una vita al di fuori del centro una volta concluso (positivamente) l’iter di richiesta asilo e di aiutare i familiari rimasti nel paese di origine. Purtroppo, nella situazione economica attuale, il mercato del lavoro in Italia non è facile. Per i giovani specialmente (anche italiani) l’accesso al mondo lavorativo è sempre pieno di ostacoli, figuriamoci dunque per un immigrato che non può far valere neanche il titolo studio conseguito in patria e che difficilmente vede riconosciuto il valore dell’esperienza lavorativa avuta a casa.
L’ideale quindi è costruire delle attività che concilino questi due aspetti: l’occupazione all’interno del centro e una prospettiva lavorativa.
Al “Giardino di Sofia”, l’attività che sembra perfettamente calzare per questo obiettivo è l’agricoltura: le due strutture in cui ha sede il centro sono un podere e una villa in campagna e un tempo svolgevano funzioni di agriturismo. Intorno ai due casali ci sono campi coltivati ma anche campi incolti e appezzamenti di terreno inutilizzati. Uno di questi piccoli appezzamenti di terreno è stato utilizzato per mettere su un piccolo orto: si tratta di pochissimi metri quadrati, praticamente un orto domestico, ma il riscontro avuto con gli ospiti è stato più che positivo, visto l’entusiasmo e la cura che hanno messo nel crescere i loro prodotti.
Data il successo di questo piccolo esperimento, è nata l’idea di sviluppare l’orto allargandolo alle aree incolte circostanti che darebbero l’opportunità di creare una vera e propria produzione, dando vita così ad un orto sociale.
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